Vai alla home page
 
rescrizione ossigeno liquido e concentratori
accesso a sispc
convegni medici
dpc
dpc
dpc
dpc
dpc
screening K polmonare
numeri utili
LINK DIRETTI AI CERTIFICATI INPS
CEDOLINO E VARIAZIONI ASSISTITI
  Notizie   
 
 
Pagina facebook

vai alla pagina facebook
 
PPI: uso cronico associato a malattie renali

Inserito il 12 gennaio 2016 alle 22:29:00 da fimmg1957. IT - Clinica


Studi pubblicati su JAMA evidenziano che l'uso cronico dei PPI era significativamente associato con la Insufficienza renale cronica e il rischio assoluto a 10 anni è stato superiore di 1,7% rispetto al rischio previsto nei non utilizzatori di inibitori della pompa protonica.

Pubblicati su JAMA Internal Medicine due grandi studi di coorte che evidenziano un aumento del rischio di malattia renale cronica del 20% -50% associato all'uso di tali farmaci. Questi sono i primi studi che collegano l'uso dei PPI alla malattia renale cronica (CKD), e l'associazione persiste anche dopo aggiustamento per fattori confondenti multipli potenziali, hanno sottolineato il dottor Benjamin Lazzaro della Johns Hopkins University di Baltimora, ed i suoi collaboratori. "Sono necessarie ulteriori ricerche per verificare se l'uso di PPI provoca danni renali e, in caso affermativo, sarà utile chiarire i meccanismi alla base di questa associazione". Gli inibitori della pompa protonica sono stati collegati a diversi effetti negativi per la salute come la nefrite interstiziale acuta, ma restano tra i farmaci più prescritti negli Stati Uniti, ma anche nel nostro Paese. Per esplorare ulteriormente il rischio di uso dei PPI e soprattutto il collegamento alla CKD, i ricercatori del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases e del National Heart, Lung, and Blood Institute, che fanno parte del National Institutes of Health hanno analizzato i dati di 10.482 adulti derivanti dallo studio Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC). Tali soggetti sono stati seguiti per una media di 13,9 anni, e sono stati anche analizzati i dati di una coorte di replica formata da 248,751 pazienti del sistema sanitario rurale, che sono stati seguiti per una media di 6,2 anni. La CKD incidente è stata definita sulla base dei codici di diagnosi di dimissione ospedaliera, dai dati del Registro della malattia renale degli Stati Uniti, o di una velocità di filtrazione glomerulare inferiore a 60 ml/min per 1,73 m2 che persisteva alle visite di follow-up. Nello studio ARIC, ci sono stati 56 casi di insufficienza renale cronica tra 322 utilizzatori di PPI (assunzione auto-riferita) al basale, per un'incidenza di 14,2 casi per 1000 persone-anno, significativamente superiore al tasso di 10,7 casi per 1000 persone-anno dei non utilizzatori.

Il rischio assoluto di CKD stimato in 10 anni tra gli utenti al basale è stato di 11,8%, superiore del 3,3% rispetto al rischio previsto dei non utilizzatori.

Inoltre, gli utenti PPI erano significativamente a più alto rischio di insufficienza renale cronica anche dopo che sono state considerate anche le variabili demografiche, socio-economiche e cliniche (hazard ratio, 1,50; 95% intervallo di confidenza, 1,1-2,0), dopo aver modellato, variando l'uso dei PPI nel tempo (HR aggiustato, 1,3; 95% CI, 1.2-1.5), dopo aver confrontato direttamente gli utenti PPI con gli utenti degli antagonisti del recettore H2 (HR aggiustato, 1,4; 95% CI, 1,01-1,9), e dopo aver confrontato gli utenti basali di PPI con i non utilizzatori attraverso punteggio propensity score (HR , 1,8; 95% CI, 1,1-2,7). Nella coorte di replica, ci sono stati 1.921 nuovi casi di insufficienza renale cronica tra i 16.900 pazienti con una prescrizione ambulatoriale di PPI (incidenza del 20,1 casi per 1000 persone-anno). L'incidenza di CKD tra gli altri pazienti era inferiore: 18,3 casi per 1000 persone-anno. Queste analisi osservazionali non possono dimostrare una relazione causale. Più di 15 milioni di americani hanno usato prescrizioni di PPI nel 2013, con un costo superiore ai 10 miliardi di dollari. I risultati dello studio suggeriscono che fino al 70% di tali prescrizioni sono senza indicazione e che il 25% degli utenti di PPI a lungo termine potrebbe interrompere la terapia senza sviluppare sintomi."

Come sottolineato dal dr. Adam J. Schoenfeld e dalla dr.ssa Deborah Grady della University of California, San Francisco nel loro editoriale: "I dati disponibili suggeriscono che l'uso degli inibitori della pompa protonica è associato a un aumentato rischio sia di malattie acute e croniche del rene, ipomagnesiemia, infezione da Clostridium difficile, e fratture osteoporotiche. Un'attenzione in più nella prescrizione di questi farmaci deve essere usata in pazienti ad alto rischio per una di queste condizioni. Data l'associazione con la malattia renale e bassi livelli di magnesio, creatinina sierica e livelli di magnesio probabilmente devono essere monitorati nei pazienti in trattamento con PPI, in particolare quelli che utilizzano dosi elevate". Quelle che suggeriscono i ricercatori in questi studi è che i PPI devono essere utilizzati continuamente per le tre condizioni specifiche per le quali sono noti per essere utili: stati di ipersecrezione, malattia da reflusso gastroesofageo (in tutte le sue manifestazioni), e profilassi FANS/aspirina.

Come con tutti i farmaci, il trattamento dovrebbe essere sempre alla più bassa dose efficace.

Come ha evidenziato il dr. David C. Metz, dell'Hospital of the University of Pennsylvania, Philadelphia: "i rischi di negare i PPI quando indicato sono superiori ai bassi rischi di possibili effetti collaterali renali o altri". Quindi, bisogna valutare l'effettiva necessità e usarli nelle dosi e nei tempi adeguati.

In conclusione, come evidenziano gli autori: "L'uso dei PPI era significativamente associato con la CKD incidente in tutte le analisi, e il rischio assoluto di CKD a 10 anni tra gli utenti di PPI al basale è stato del 15,6%, superiore di 1,7% rispetto al rischio previsto nei non utilizzato di inibitori della pompa protonica". Studi futuri chiariranno se un uso limitato dei PPI potrebbe ridurre l'incidenza di malattia renale cronica.

Benjamin Lazarus et al. Proton Pump Inhibitor Use and the Risk of Chronic Kidney Disease. JAMA Intern Med. Published online January 11, 2016. doi:10.1001/jamainternmed.2015.7193

Adam Jacob Schoenfeld and Deborah Grady. Adverse Effects Associated With Proton Pump Inhibitors. JAMA Intern Med. Published online January 11, 2016. doi:10.1001/jamainternmed.2015.7927

LO STUDIO:

http://archinte.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=2481153

Fonte : Emilia Vaccaro Pharmastar

Letto : 1133 | TORNA INDIETRO | Stampa la notizia | Stampa la notizia in pdf | Informa un amico
 
Sede
News sanitarie
 
Realizzato con ASP-Nuke 2.0.7 | 2025 © FIMMG-Pisa |  Contattami  |  Versione stampabile   | Feed  | 
ore 13:34 | 2896985 accessi | utenti in linea: 3669