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Il sistema a franchigie è solo un’ipotesi di lavoro

Inserito il 21 maggio 2012 alle 14:30:00 da fimmg1957. IT - Professione


Sembra perdere slancio l'ipotesi formulata dagli esperti dell'Agenas alcune settimane fa per trasformare il sistema dei ticket attraverso l'introduzione di franchigie di diversa entità a seconda del reddito.

Il freno viene dallo stesso ministro della Salute Renato Balduzzi. "Si tratta solo di ipotesi", ha infatti tagliato corto ieri al seminario promosso dalla stessa Agenas insieme all'Aies (Associazione italiana di economia sanitaria), dal titolo evocativo "Ticket sì, ticket no". Per Balduzzi l'importante è "mettere a punto un sistema di copayment che dia più equità, trasparenza e omogeneità" rispetto a quello in vigore.


Se tutto questo si farà con le nuove franchigie non è quindi detto. Ma una cosa appare ormai "sdoganata" dal seminario: il ticket è un sistema di finanziamento del Ssn. Che possa poi anche avere effetti sull’appropriatezza delle prestazioni, riducendo il fenomeno del consumismo sanitario, è questione su cui i pareri non concordano e forse non concorderanno mai.


L’argomento è di straordinaria attualità, ha sottolineato il ministro Balduzzi nel suo intervento, soprattutto in rapporto al confronto in atto tra Governo e Regioni sul nuovo Patto per la salute e alle ipotesi circolanti sull’introduzione di un nuovo sistema di ticket “a franchigia”. E il ministro si è complimentato per il tempismo di Agenas, auspicando per il futuro anche un maggiore coordinamento con i tecnici dell'Agenzia. La proposta del ticket a franchigia, formulata da Cesare Cislaghi e anticipata, come buona parte delle relazioni del seminario, nell’ultimo numero di Monitor, la rivista dell’Agenas, ha infatti suscitato molte reazioni ed è stata al centro dell’incontro.


In apertura dei lavori, dopo i saluti del presidente dell’Aies Giacomo Pignataro, ha preso la parola Giovanni Bissoni, nella sua nuova veste di presidente dell’Agenas, ufficializzato proprio l'altro ieri con la registrazione del decreto di nomina.

“In un sistema universalista come il nostro – ha detto Bissoni – il ticket è possibile solo se vengono rispettati due presupposti: non deve diventare un ulteriore elemento di inequità nell’accesso e, soprattutto, non può essere una strada non dichiarata per portare alcune prestazioni fuori dal servizio sanitario”. Bissoni ha poi sottolineato come il ticket non si riveli uno strumento particolarmente efficace sul fronte dell’appropriatezza, come mostrano i dati sulla spesa farmaceutica: tutte le Regioni che non hanno introdotti ticket aggiuntivi sulla farmaceutica riescono infatti a tenere la loro spesa al di sotto del tetto del 13%, mentre quasi tutte le Regioni che, essendo in piano di rientro, hanno dovuto inserire i nuovi ticket non riescono comunque a tenere la spesa nei limiti del tetto.


Esaminando i ticket in un’ottica di analisi economica, Dino Rizzi, dell’università veneziana di Ca’ Foscari, ha sottolineato le conseguenze etiche dell’applicazione di ticket in caso di domanda rigida, ovvero legata a farmaci indispensabili e irrinunciabili, indicando anche come la franchigia possa indurre ad un eccesso di consumo, essendo vissuta dai cittadini come una quota da pagare per ottenere, raggiunto il tetto, una sorta di “esenzione”.


Nerina Dirindin ha detto con chiarezza che, a suo parere, la situazione attuale, con una crisi economica che sta portando su livelli di povertà fasce sempre più ampie della popolazione, rende davvero “molto inopportuno” l’aumento dei ticket. Piuttosto, secondo Dirindin, occorrerebbe “fare manutenzione” nel sistema delle esenzioni, che già oggi mostra notevoli incongruenze (esenzioni per categoria, rilevazione dei redditi, scalini, varietà regionali) che si farebbero insopportabili nel caso in cui il ticket dovesse farsi più consistente.

Molto atteso l’intervento di Cesare Cislaghi, che ha articolato la proposta di franchigia per i ticket: la franchigia si potrebbe cumulare per una quota del costo della prestazione, in modo da produrre esborsi meno gravosi per ogni singola visita o analisi. In sostanza, il cittadino pagherebbe per ogni prestazione una quota del costo – tra il 50 e il 30% -, sommando le cifre versate fino ad un certo tetto, definito in base al reddito, oltre il quale non pagherebbe più alcun ticket. Lo stesso Cislaghi ha però indicato le criticità di questo sistema – la difficoltà di valutare i redditi reali, di avere memoria di quanto ciascun cittadino ha già versato e di spiegare il nuovo sistema – pur restando convinto che sarebbe il metodo più equo per chiamare, nell’attuale situazione di necessità, i cittadini a partecipare maggiormente alla spesa.


La tavola rotonda conclusiva è stata introdotta dal direttore dell’Agenas Fulvio Moirano, che ha ricordato come il ticket attualmente rappresenti circa il 10% della spesa cui va riferito, essendo completamente assente nella parte di spesa ospedaliera. Dopo di lui hanno preso la parola l’assessore siciliano Massimo Russo, secondo il quale in questo momento difficile non si devono caricare ulteriormente i cittadini ma si deve invece agire come in Sicilia dove sono state recuperate risorse riducendo il numero di strutture semplici (-16%) e complesse (-17%), e l’assessore pugliese Ettore Attolini, che ha ricordato come in Puglia i “superticket” da 10 euro abbiano prodotto di fatto una fuga verso il privato, costosa per i cittadini e pericolosa per la tenuta del sistema sanitario.


Una “fuga” confermata dal direttore del Dipartimento per la qualità del Ministero della Salute Filippo Palumbo: “L’applicazione della quota fissa di 10 euro – ha detto Palumbo – ha rotto l’equilibrio del sistema ticket, provocando una distorsione forte verso le fasce più deboli ed effetti di fuga dal sistema pubblico”. Se questi sono i risultati prodotti per recuperare 850 milioni di euro, ha aggiunto, caricare sui ticket altri 2 miliardi “porterebbe ad un collasso del sistema”. Palumbo ha anche rivelato che, secondo le analisi dei ministeri della Salute e dell’Economia, l’applicazione del metodo con la franchigia “avrebbe tempi di implementazione tecnica di almeno 18 mesi”.


Molto responsabile la posizione espressa da Teresa Petrangolini, presidente di Cittadinanzattiva: “Ovvio che i cittadini sono arrabbiati davanti a tanti aumenti. Ma bisogna dare credito alla loro maturità, perché per difendere la sanità sono pronti a fare il loro pezzettino, purché le cose siano chiare”.
Infine un “provocatorio” intervento di Vittorio Mapelli, economista dell’Università degli studi di Milano, che ha proposto un sistema di franchigia annuale, da realizzarsi attraverso un sistema amministrativo e di pagamento il più semplice possibile (tessera prepagata) e senza distinzioni di reddito, per non intaccare il principio costituzionale di tutela della salute. Insomma il ticket come un mix di responsabilità e solidarietà, con un’unica domanda aperta: qual è la soglia di iniquità, oltre la quale il ticket diventa insopportabile?


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