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Fibrillazione atriale in Italia

Inserito il 16 dicembre 2017 alle 15:28:00 da fimmg1957. IT - Clinica


Presentati i risultati del “Progetto FAI: la Fibrillazione Atriale in Italia”

Lo studio è stato finanziato dal Centro per il Controllo delle Malattie del Ministero della Salute (Progetti CCM 2015), promosso dal Dipartimento NEUROFARBA dell’Università degli Studi di Firenze, coordinato dalla Regione Toscana e sviluppato in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Obiettivo principale del Progetto è stato quello di valutare la frequenza della fibrillazione atriale (FA), determinando il rischio cardioembolico e l’aderenza agli standard internazionali di trattamento, in un campione di popolazione anziana in Italia.


Lo studio:

http://www.fimmgpisa.org/downloads/FibrillazioneinItalia.pdf


“Il Progetto FAI ha permesso di stimare, per la prima volta nel nostro Paese, la frequenza della fibrillazione atriale in un campione rappresentativo della popolazione anziana italiana – ha dichiarato il Professor Domenico Inzitari, Responsabile Scientifico del Progetto, Università di Firenze, Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino, NEUROFARBA - I tassi di prevalenza riscontrati indicano una frequenza elevata di questa importante aritmia negli anziani in Italia, che risulta, tuttavia, in linea con le stime più recenti attualmente disponibili nei Paesi occidentali, ed indica che nel nostro Paese, nella popolazione anziana, i pazienti affetti da fibrillazione atriale sono oltre 1.100.000”.

Prevalenza della Fibrillazione Atriale

Nel campione totale, la prevalenza della fibrillazione atriale nei soggetti ultrasessantacinquenni è del 7,3%.

 La prevalenza della fibrillazione atriale risulta più alta nei maschi, con un tasso dell’8,6%, mentre nelle femmine la prevalenza è del 6,2%.

 Se i tassi di prevalenza vengono standardizzati sulla composizione demografica dell’intera popolazione italiana, la frequenza della fibrillazione atriale risulta essere dell’8,3%, con tassi del 9,1% nei maschi e del 7,3% delle femmine. Questo dato indica che in Italia un anziano su
12 è affetto da fibrillazione atriale.

 La proiezione in numeri assoluti di questi dati indica che in Italia la fibrillazione atriale colpisce circa 1.100.000 ultrasessantacinquenni.

 Il tasso di prevalenza totale della fibrillazione atriale risulta del 7,8% in Toscana, dell’8,2% in Lombardia e del 6,2% in Calabria. I tassi standardizzati sulla popolazione italiana con i relativi intervalli di confidenza (IC) indicano che queste differenze non sono statisticamente significative.

 La prevalenza della fibrillazione atriale è sempre più alta nei maschi.
Toscana: 9,1% nei maschi e 6,7% nelle femmine. Lombardia: 10,5% nei maschi e 6,3% nelle femmine. Calabria: 6,8% nei maschi e 5,5% nelle femmine.

La prevalenza della fibrillazione atriale è strettamente età correlata. I tassi, infatti, vanno dal 3% nei soggetti nella classe di età 65-69 anni al 16,1% nei soggetti ultraottantacinquenni, con un incremento che si conferma in tutte le classi al progredire dell’età. La stretta correlazione con l’età si conferma nei due sessi. Nei maschi la prevalenza è del 3,4% nella classe di età 65-69 anni per arrivare al 19% nei soggetti ultraottantacinquenni, mentre nelle femmine i tassi partono dal 2,5% nella classe di età 65-69 anni, per arrivare ad una frequenza del 13,8% nelle ultraottantacinquenni.

Fattori di rischio

I pazienti con fibrillazione atriale avevano con frequenza significativamente maggiore una diagnosi di ipertensione arteriosa, precedente infarto miocardico, scompenso cardiaco, altra aritmia cardiaca, iperglicemia, diabete mellito, ipercolesterolemia, consumo di alcol e alterata funzionalità renale. Inoltre, in questi soggetti si era già verificato un ictus cerebrale, con una frequenza 4 volte superiore ai soggetti senza fibrillazione atriale.

Terapia
In tale rapporto bisogna premettere che esiste una forte evidenza scientifica sul ruolo degli anticoagulanti orali nel ridurre di oltre il 70% il rischio di ictus nei soggetti portatori di fibrillazione atriale. Considerando i pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale nel campione totale, solo il 69,3% faceva terapia anticoagulante (il 59,2% solo con anticoagulanti orali, il 10,1% prendevano antiaggreganti e anticoagulanti), il 21,3% solo antiaggreganti, e il 9,4% non assumeva nessuna di queste terapie.
In Toscana, il 54,3% dei pazienti facevano terapia solo con anticoagulanti orali, il 5,5% prendevano antiaggreganti e anticoagulanti, il 26,8% solo antiaggreganti, e il 13,4% non assumevano nessuna di queste terapie.
In Lombardia, il 63,6% dei pazienti facevano terapia solo con anticoagulanti orali, l’8,3% prendevano antiaggreganti e anticoagulanti, il 19,8% solo antiaggreganti, e l’8,3% non assumevano nessuna di queste terapie.
In Calabria, il 61,5% dei pazienti facevano terapia solo con anticoagulanti orali, il 17,7% prendevano antiaggreganti e anticoagulanti, il 15,6% solo antiaggreganti, e il 5,2% non assumevano nessuna di queste terapie.
Nel campione totale, i pazienti fibrillanti in trattamento con la terapia anticoagulante più antica, quella con gli antagonisti della vitamina K (VKA- warfarin) erano il 36,7%, quelli trattati con i nuovi anticoagulanti (NAO) il 32,6%. In totale, i pazienti fibrillanti che facevano terapia anticoagulante erano il 69,3%. Quindi, il 30,7% dei pazienti non assumevano la terapia documentata come la più efficace per ridurre il rischio di ictus cerebrale.
In Toscana, i pazienti fibrillanti che facevano terapia anticoagulante erano il 59,8%. I VKA venivano assunti dal 37% dei pazienti, e i NAO dal 22,8%. In questa regione, quindi, il 40,2% dei pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale non assumevano la terapia anticoagulante.
In Lombardia, i pazienti fibrillanti che facevano terapia anticoagulante erano il 71,9%. I VKA venivano assunti dal 39,6% dei pazienti, e i NAO dal 32,3%. In questa regione, quindi, il 28,1% dei pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale non assumevano la terapia anticoagulante.
In Calabria, i pazienti fibrillanti che facevano terapia anticoagulante erano il 79,2%. I VKA venivano assunti dal 33,4% dei pazienti, e i NAO dal 45,8%. In questa regione, quindi, il 20,8% dei pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale non assumevano la terapia anticoagulante.

Nel totale del campione, i pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale che non ricevevano trattamento con farmaci anticoagulanti erano il 30,7%.

Le motivazioni principali del non trattamento riportate includono l’età avanzata nel 9,2% dei pazienti, la presenza di un deficit cognitivo nel 4,1%, un aumentato rischio di cadute nel 2%, una scarsa compliance nel 14,3%, un aumentato rischio emorragico per malattia renale nel 4,1%, aumentato rischio emorragico per malattia epatica nel 2%, la sospensione della terapia per il verificarsi di eventi emorragici nel 3,1%, l’uso di soli farmaci antiaggreganti nel 5,1%, il verificarsi di un episodio isolato di fibrillazioneatriale nel 2%, la somministrazione di soli antiaritmici nel 6,1%, la diagnosi di fibrillazione atriale parossistica nell’12,2%, il rifiuto della terapia anticoagulante nel 4,1%, il ripristino del ritmo sinusale nel 5,1%, la valutazione delle scale del rischio nel 2%. Nel 19,4% dei casi non è statopossibile rilevare nessuna causa specificamente responsabile del non trattamento.

Il Progetto FAI ha permesso di fornire, per la prima volta nel nostro Paese, stime accurate della frequenza della fibrillazione atriale in un campione rappresentativo della popolazione anziana italiana. I tassi di prevalenza riscontrati indicano una frequenza elevata di questa importante aritmia negli anziani in Italia, che risulta, tuttavia, in linea con le stime più recentiattualmente disponibili nei paesi occidentali, ed indica che nel nostro paese nella popolazione anziana i pazienti affetti da fibrillazione atriale sono oltre 1.100.000.
Il Progetto FAI ha permesso, inoltre, di identificare una maggiore frequenza di alcuni fattori di rischio nei pazienti con fibrillazione atriale. Il controllo di tali fattori potrebbe consentire di ridurre la prevalenza di questa aritmia. La fibrillazione atriale aumenta in maniera significativa il rischio di ictus cerebrale, ma i farmaci anticoagulanti attualmente disponibili consentono una riduzione di tale rischio di oltre il 70%. I dati acquisiti nel Progetto FAI indicano una buona aderenza alle linee guida relativamente al trattamento con farmaci anticoagulanti, con circa il 70% dei pazienti fibrillanti trattati. I dati indicano anche che le percentuali di pazienti trattati con i nuovi anticoagulanti stanno ormai raggiungendo quelle dei pazienti trattati con warfarin.
Rimane un 30% di pazienti ancora non trattati. Alcuni per motivazioni obiettivamente valide, mentre percentuali non trascurabili sono ancora private del trattamento su convinzioni ormai superate dalle linee guida più recenti, come la presenza di fibrillazione atriale parossistica, considerata talvolta meno pericolosa, o la convinzione che i soli farmaci antiaritmici o antiaggreganti forniscano una buona protezione.

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